Un libro

In mancanza di nuovi FIFM, con un occhio alle elezioni del Presidente della Repubblica (che se non volete sentire l’irremovibile Mentana, potete anche seguire qui) oggi, che è venerdì, per onorare il venerdì del libro volevo segnalarvi un libro di Tim Parks, Coincidenze.

In realtà la buona abitudine del venerdì del libro vorrebbe che si consigli una lettura, nel senso che uno ha un libro in mente che pensa sia il caso di consigliare agli altri.

Io dico subito che lo sto ancora leggendo, e che forse, se me lo chiedete tra sei mesi, non mi ricorderò nemmeno di averlo letto. Ma ve ne parlo lo stesso e c’è un motivo, ovviamente.

Parks, nonostante sia nato a Manchester, abbia studiato a Cambridge e ad Harvard vive da una trentina d’anni in Italia, a Verona per l’esattezza; ha all’attivo diversi romanzi e scritti di vario genere, tra i quali, il più famoso è forse Europa che, quasi vent’anni fa, gli valse anche una candidatura al Booker Prize.
Tra le sue attività più rilevanti c’è anche quella di traduttore (sue le versioni in inglesi di alcune opere di Moravia, Calvino, Tabucchi e Calasso (auguri!).
Vive a Verona, dicevo, ma insegna allo IULM di Milano: quindi, ovviamente, è anche un pendolare.

Il vero motivo per cui lo segnalo è semplicemente questo: per la prima volta da quando ho aperto questo blog, leggo (e addirittura su un libro!) di qualcuno che parla delle conversazioni telefoniche sui treni.

In generale il libro è costruito .attraverso una serie di cronache di viaggi più o meno abitudinari- raccogliendo scritti messi da parte in diversi anni. L’autore reagisce in maniera allibita di fronte a quasi tutte le attività normali che riguardano le varie fasi di un viaggio al treno, dal comprare un biglietto al trovare un posto su un regionale, dal chiedere informazioni di vario genere durante uno spostamento al muoversi durante uno sciopero, dal confrontarsi con un controllore al capire il significato di un avviso all’altoparlante….

La sua conclusione, in genere, è che le cose avvengono in maniera del tutto inspiegabile e irrazionale per il semplice fatto che siamo in Italia.  Oddio…. nella maggior parte dei casi non ha torto; ma a me viene anche da chiedergli allora perchè vive da 30 anni e passa da noi, visto il tono di acidità con il quale comunica il suo scandalo….
Diciamo che non credo sia la prima persona che inviteresti a cena, insomma…

Comunque: non sono molti, ma ci sono, dicevo, dei FIFM.

Una prima volta Parks parla dell’uso del cellulare raccontando cosa accade nella sua tratta da pendolare: se il treno che lo porta a Milano la mattina è abitato abitualmente da morti ambulanti, i treni del ritorno, quelli serali,  “sono il momento del telefonino”.

La gente si preoccupa meno di essere ascoltata in una grande carrozza aperta che nello spazio contenuto di uno scompartimento. Ci sono uomini ancora alle prese con le telefonate di lavoro, che discutono di cuscinetti a sfera e date di consegna; ci sono madri che spiegano ai figli come preparare la cen: “I fusilli, non i maccheroni!” Una studentessa si lamenta di essere stata maltrattata all’esame orale […] Fidanzati e fidanzate che considerano i vantaggi di pizzaria e trattoria. […]
Tra Peschiera e Verona si ripete una scena buffa quasi a ogni viaggio. Attraversando le basse colline vicino al lago il segnale del telefono comincia a interrompersi; per un po’ va e viene, poi sparisce del tutto. “Ci sei?” chiede all’improvviso la donna accanto a me, alzando la voce; “Mi senti?” chiede l’uomoseduto di fronte. Poi tre o quattro voci all’unisono; “Mi senti? Pronto? Pronto? Mi senti? Ci sei? Mi senti?” A un tratto si guardano tutti negli occhi, vagamente imbarazzati, come se mentre parlavano al telefono fossero stati invisibil e adesso, all’improvviso, interrotti dall’assenza di campo, fossero costretti a confrontarsi fra loro e si trovassero leggermente assurdi.

E qui onestamente io mi riconosco parecchio.

Alzi la mano chi, conoscendo il punto in cui la linea cadrà, non è stato ad aspettare per vedere la reazione di chi, rapito dalla propria inutile conversazione, non sa che dovrà interromperla anche se non vuole.

Io lo faccio.
Perchè io conosco un punto esatto del mio tragitto in metropolitana in cui questo succede.

E si: quando sta per arrivare quel punto, fisso quella persona che sta urlando, e che a un certo punto, incredula, continuerà a dire “Pronto Pronto PRONTOOOOOO”, ma che solo dopo aver visto lo schermo del cellulare capirà che la chiamata è caduta.

A quel punto si guarderà intorno e, forse, si accorgerà di aver appena urlato in maniera infantile, inutilmente disperata.

Ed io sono lì.

Ad aspettare che il suo sguardo incroci il mio.

Che, più o meno, credo sia simile a questo:

Hannibal

Di solito, poi, mettono via il telefono.

7 pensieri su “Un libro

  1. Tante cose. La prima, più OT, è che la nostra Iome in fondo è la Mentana de ‘noantri – sia detto con la mia assoluta venerazione per la professionalità di Mentana.
    L’altra, più in tema, è che io arrivo a gradi di perfidia ancora più perversi: nel cono d’ombra della mia linea di treno, se mi capita di essere io stessa al telefono, aspetto quasi con cattiveria che il mio stesso interlocutore si chieda perché non mi sente più…

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      • E’ vero. Diciamo che però – da quando Mentana fu tirato via dal pranzo di pasqua con l’agnello in bocca per condurre oretredici sui dieci stupidissimi saggi di Napolitano – ho iniziato a provare per lui, oltre che ammirazione, anche una forma di compassione…

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